Identità in conflitto

Quante volte, sul lavoro o nella vita, ci troviamo coinvolti in conflitti che deteriorano il rapporto tra noi e gli altri, o dai quali usciamo insoddisfatti?

Quando siamo coinvolti in un conflitto, possiamo usare diverse strategie per risolverlo.

  • Per esempio possiamo optare per una negoziazione “soft”, concedendo velocemente alla nostra controparte quello che le interessa pur di uscire dalla discussione e non danneggiare il rapporto. Il rischio è che ne usciremo amareggiati perché magari abbiamo ceduto qualcosa di importante, ma la relazione con l’altro esisterà ancora.
  • Oppure possiamo tenere il punto a oltranza fino a sfinire l’avversario (o renderlo più aggressivo) perché vogliamo uscire vincenti dalla controversia, costi quel che costi. Anche rovinare la relazione con l’altro.
  • Spesso nelle famiglie si usa la tecnica del compromesso, e ci ritroviamo quindi a mercanteggiare su una soluzione intermedia che renda entrambe le controparti parzialmente soddisfatte. O parzialmente insoddisfatte, a seconda di come si voglia interpretare il risultato. In ogni caso, si tratta di una soluzione che mantiene la relazione, ma spesso non soddisfa i bisogni profondi dietro al conflitto.

Se abbiamo familiarità con le strategie di negoziazione possiamo adottare un altro metodo:

La negoziazione sul merito di R. Fisher e W. Ury.

Concentrarci quindi non sul mantenere o meno la nostra posizione nel conflitto, ma sul capire quali sono gli interessi che hanno portato sia noi sia l’altro a prendere quella posizione. Se per esempio stiamo litigando su un’arancia, come succede nella famosa storiella, e chiediamo all’altro perché la vuole, potremmo scoprire che all’altro interessa solo la buccia per decorare un dolce, mentre a noi interessa il succo per fare una spremuta. Risolveremmo così il conflitto con un’arancia intera per entrambi, cioè tutto quello che ci serve, invece di dividerla a metà in un compromesso affrettato.

A volte però non basta.

A volte i conflitti smuovono corde emotive così profonde che noi stessi ci stupiamo dell’aggressività con la quale affrontiamo la situazione. Una cosa è discutere di un’arancia, un’altra negoziare le condizioni di pace dopo una guerra. O risolvere un conflitto doloroso per tutti, in cui non ci sono buoni e cattivi ma solo molta rabbia. Come gestire i conflitti?

Daniel Shapiro sostiene che quando i conflitti sono così emotivamente carichi, la carica è data da una qualche relazione con la nostra identità: chi siamo (o pensiamo di essere), che cosa è importante per noi, qual è il senso della nostra esistenza.

Avvertiamo che quel conflitto sta minacciando noi, direttamente.

Chi pensiamo o vogliamo essere, a un livello molto profondo.

Quando ci sentiamo sopraffatti dalle emozioni in un conflitto al punto da perdere lucidità, domandiamoci che cosa precisamente, in quel conflitto, sta minacciando la nostra identità. E quale specifico aspetto della nostra identità sentiamo minacciato. E’ un nostro valore fondamentale? E’ la lealtà verso persone importanti per noi? E’ una convinzione su chi siamo? Poniamoci la stessa domanda anche per la nostra controparte.

In che modo possiamo salvaguardare questi aspetti per noi fondamentali e uscire dal conflitto, ipotizzando insieme all’altro nuove alternative, proprio a partire da questa consapevolezza?

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